“Erano rimasti soli, quei due amici al bar che volevano parlar di politically correct con i loro perché e i loro però…”
Un inizio turbolento quello della prima settimana di maggio: dopo una lunga riflessione sulle ultime dichiarazioni sul discorso di Pio e Amedeo, l’uso delle parole torna a far discutere.
L’impatto mediatico era inevitabile per via di quella sconvolgente libertà lessicale, di cui i due sono portatori sani; hanno affrontato qualsiasi argomento senza freni realizzando un varietà allegro e spiritoso in tempi non facili.
Dall’importanza del lavoro e degli invisibili dello spettacolo, alla voglia di tornare ad abbracciarsi con quell’ironia e leggerezza disarmanti ma non la soluzione per estirpare ogni tipo di male!
Per chi oggi fa spettacolo è doveroso affrontare tematiche d’attualità, rientra nel campo dell’informazione: la riforma di quello che non funziona, tuttavia, resta un compito riservato ad altri mentre al comico spetta la risata, la capacità di intrattenere sensibilizzando.
Nessun dubbio sulla vittoria del format Felicissima sera, fresco, colorato e sincero anche se quel monologo è costato la testa dei due comici (o quasi). All’alba dei primi tweet post puntata, il web ha condannato il messaggio lanciato, considerato inopportuno ed offensivo. I due ragazzi con semplicità hanno parlato di politically correct, puntando tutto sull’ultima puntata e tutto sull’intenzione. Così, come da copione, la loro intenzione è stata fraintesa: demonizzare gli offensori dinanzi ad un’offesa di qualsiasi genere tutt’oggi, in effetti, non basta.
Si possono sfiorare temi come razzismo e discriminazione senza dover colpire qualcuno e, soprattutto, senza lanciare condanne e opinioni?
Il fine ultimo di Pio e Amedeo era chiaramente quello di entrare nei salotti degli italiani e ridere per un paio di ore alleggerendo l’umore.
Si può sempre applicare il loro suggerimento?
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